| “Sono stato a un passo dalla Roma e, dico la verità, sarebbe stata forse l’unica squadra italiana che avrei accettato con entusiasmo, visto che la nuova gestione dà spazio ai giovani”.
Stamane, “Il Corriere dello Sport” ha riportato le inedite rivelazioni di Davide Santon, giallorosso mancato, da quanto si ha avuto modo di apprendere. Già, perché, uno dei prodotti più apprezzati del vivaio interista, non ha trovato asilo professionale in terra natia, e, per la modica cifra di sei milioni di euro, è migrato volentieri oltremanica, al Newcastle, dove le sue qualità avranno maggiori possibilità d’espressione, non preesistendo, in Premier League, vincoli di titolarità legati all’età, prerogativa esclusiva del football nostrano.
Se anche la Roma, uno dei pochi club tricolori a puntare sulla linea verde, nel momento decisivo si è tirata indietro, rinunciando alla scommessa Santon per un pugno di milioni, la situazione del Belpaese si attesta ricolma di tragicità: nel calcio, come negli altri settori lavorativi, l’Italia, ancora una volta, si conferma un Paese poco congeniale ai giovani, negato, come è, a rispondere alle loro esigenze e a permettere la manifestazione e l’impiego dei loro talenti. A fronte dei sistemi politico-amministrativi che ci si ritrova, non si può che restare ad assistere inerti con in bocca una timorata esclamazione di matrice religiosa, in segno di (momentanea?) rassegnazione: amen!
Ora come ora, nessun organo competente ha in programma di porre fine o quantomeno limitare la “fuga di cervelli” o “di piedi” che sia: ogni giorno che passa, un nuovo ricercatore va ad aggiungersi al nutrito nugolo degli emigranti colleghi, alla stregua del coetaneo Santon che segue le orme dei Giuseppe Rossi, dei Balotelli, dei Criscito che l’hanno preceduto; in un sistema del tutto incurante che un Paese senza giovani equivale a un Paese senza futuro.
Domenico Maione
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